martedì 30 luglio 2013

Il Futurismo ovvero l'apoteosi di Batman

L’estate è la stagione che preferisco in assoluto. Premetto che in condizioni normali ho la vitalità di un bradipo alle sei di mattina, ma d’estate… d’estate amici miei, la musica cambia completamente. Avete presente il video Right here right now dei Fatboy Slim? Quello in cui si vede l’evoluzione dell’uomo dallo stato unicellulare, passando per i dinosauri e le scimmie? Ecco, d’estate rivivo il video in questione al contrario, cioè passo dallo stato bradipo allo stato celenterato. Sarà il caldo, sarà l’umidità, sarà la continua esposizione a foto su Facebook di persone in costume da bagno che non fanno che scrivere come si stanno divertendo in spiaggia (ma ti stai divertendo? allora divertiti invece di scartavetrare le gonadi alla povera gente che sta a casa!), ma appena mi sveglio, inconsciamente mi dirigo verso il divano per spiaggiarmi. Tant’è che mio padre tornando da lavoro ha l’abitudine di pungolarmi con un bastoncino di legno come fanno i bambini con le meduse, per verificare il mio stato di decomposizione.

Tra l’altro d’estate divento molto più sensibile nei confronti delle tematiche legate alla terza età. Non sto parlando dell’annoso problema di quelli che portano con l’inganno i nonni nelle case di riposo e li parcheggiano lì per tre mesi facendo credere che lo fanno per loro, né tantomeno di quelli che mentre vanno in spiaggia a farsi il bagno abbandonano il nonno in macchina sotto al sole dicendo: «Vabbè, ma gli ho lasciato un po’ di finestrino aperto».
Nulla di tutto ciò, signori miei. La cosa che più mi manda in bestia è la scarsa considerazione che hanno per gli anziani coloro che fanno i palinsesti televisivi. Secondo costoro infatti appena raggiungi l’età pensionabile, allo scattare della stagione estiva, vieni colto istantaneamente da demenza senile e Alzheimer, non si spiegherebbero altrimenti le repliche messe in loop che si ripropongono ogni quindici giorni, tanto che pure nella Signora in giallo dopo la sesta volta che mandano in onda la stessa puntata, l’assassino si costituisce appena parte la musichetta.


A proposito della Signora in giallo, voglio aprire una parentesi che nulla ha a che fare con questo post, anzi, dato che questo blog è anche uno strumento di denuncia, mi rivolgerò a lei personalmente. 
Jessica, quando stavi alla Rai mi eri simpatica, eri una signora per bene, certo portavi una sfiga assurda, ma questa è un’altra storia… Eri la nonna che tutti vorrebbero, il genere di nonna che viene ai colloqui con gli insegnanti al posto dei genitori, non si sa mai che può rimanerci secca la professoressa di matematica. Adesso però, Jessica, sei passata a Rete 4, perché? Cosa ti hanno promesso? Alla Rai non facevano cene eleganti? Non è che un giorno o l’altro ti ritrovo a fare la meteorina al TG4 mezza nuda? Dai Jessica, ripensaci, ricordati che sei una scrittrice, mica un’igienista dentale!
Chiusa parentesi.


Come dicevo, avendo pur sempre un animo operoso (ma solo l’animo), il fatto che mi areni sul divano peggio di un capodoglio purtroppo non mi dà la soddisfazione che vorrei, infatti dopo due giorni che i volontari di Greenpeace vengono a bagnarmi con l’acqua di mare per impedire che mi si secchi la pelle, vengo assalito dai sensi di colpa per la mia inattività. 
A quel punto decido che devo dare un senso alle migliaia di euro che i miei genitori hanno speso per la mia istruzione e perciò convinco la mia fidanzata a seguirmi in improbabili mostre di arte contemporanea. Prima di proseguire devo però mettere in chiaro due concetti:
  1. Di arte contemporanea non ne capisco nulla, ma essendo fan di Sex and the city, ho scoperto che frequentare queste mostre fa taaaaaaaanto cosmopolita
  2. Lo so che non è formalmente corretto, ma per arte contemporanea intendo qualsiasi cosa sia stata prodotta appena hanno tumulato Picasso

Andare a una mostra di arte contemporanea è un’esperienza che prima o poi tutti dovremmo fare, la prima volta naturalmente ci si sente un po’ in imbarazzo, ma poi capisci qual è il meccanismo, solitamente io faccio così:
  • Mi piazzo davanti a una tela ignorata da tutti e prodotta evidentemente dall’urto accidentale fra un secchio di vernice e uno che è appena uscito da un rave party
  • Comincio a parlare a bassa voce con la mia fidanzata mentre traccio ampi cerchi nell’aria a mo’ di spiegazione.

Tempo due minuti e l’opera viene immediatamente rivalutata: cinque o sei persone vi si affiancheranno cercando di capire cosa stiate dicendo e facendo di tanto in tanto cenni di approvazione. Come detto precedentemente, di arte contemporanea non capisco un accidente, perciò il segreto sta nel non farvi sgamare che in realtà non state parlando di arte, ma state sussurrando alla vostra fidanzata la vostra disapprovazione per il calciomercato.
Provare per credere.


Proprio durante una di queste mostre, mentre osservavo una commovente opera chiamata Viaggio perpetuo, costituita da due tubi di scarico gettati per terra con sapiente maestria, mi rallegravo per il fatto che in Letteratura non esista nulla di simile (no, i libri di Alfonso Marra sullo strategismo sentimentale non rientrano nella sfera della Letteratura e a quanto pare la parola strategismo nemmeno nella grammatica). Dopo la mostra stavo tornando a casa tutto contento, quando mi sono dovuto accostare su una piazzola di emergenza e sono scoppiato a piangere mentre la mia fidanzata mi teneva la mano: mi sono ricordato del Futurismo.

Il Futurismo è una corrente culturale e artistica fondata in Italia agli inizi del XX secolo e, aggiungo io (ma non lo dite a nessuno), la più sopravvalutata in assoluto.
Per capire bene il Futurismo è necessario ricapitolare brevemente l’epoca in cui è nato: il Manifesto Futurista viene pubblicato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti. Il mondo sta vivendo un’era abbastanza tranquilla: da qualche anno non ci sono guerre di “particolare rilevanza”, la crisi del ’29 ancora deve venire, manca qualche anno alle Guerre Mondiali, le donne (almeno quelle di ceto medio-alto) stanno cominciando ad emanciparsi. Ebbene in questo clima come se ne esce Marinetti?


Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo, […] il gesto distruttore dei liberatori […] il disprezzo della donna. Noi vogliamo distruggere le biblioteche, i musei, le accademie d’ogni specie…

Dite la verità, non è adorabile?

Insomma il Futurismo ce l’ha a morte con tutto ciò che è venuto prima. In linea generale questo non sarebbe un male, se non fosse per il fatto che se critico quello che è venuto prima è perché ritengo che posso fare meglio. Per capirci: Petrarca non amava particolarmente Dante, ma ha scritto il Canzoniere (sì, sì Rerum vulgarium fragmenta, non fate i pignoli però).
I futuristi perciò criticano tutta la poesia precedente, compresi Carducci e Pascoli, ci si aspetterebbe quindi che scrivano delle opere immortali che dovrebbero farci commuovere dal solo titolo, e invece l’apice del Futurismo italiano è sta roba qua:



Insomma, volendo sintetizzare al massimo, tutto il Futurismo si può riassumere in una puntata a caso dei telefilm di Batman degli anni ’60, quelli in cui appena c’era una scena d’azione comparivano i fumetti con le scritte: Bang, Zang, Punch

I futuristi però non ce l’hanno solo con la poesia del passato, ma con tutto ciò che è borghese e antipatriottico, per esempio vorrebbero abolire la pastasciutta: un po’ perché considerata una sorta di religione tutta italiana, un po’ perché spingerebbe al neutralismo, cioè non invoglierebbe l’uomo all’azione, ed effettivamente dopo il secondo piatto di pasta al forno nemmeno io sono molto dinamico.

Il Futurismo ebbe, tra l’altro, anche una parentesi politica, si avvicinò infatti al fascismo. Tuttavia dire che il Futurismo fu fascista è un errore, infatti c’era una ristretta minoranza di poeti futuristi di sinistra. Insomma scrivevano poesie discutibili bipartisan.

Ma allora dobbiamo buttare proprio tutto tutto del Futurismo? Non proprio.

Ora dovrei raccontarvi di grandissime opere letterarie futuriste per salvare questo post, il fatto è che non me ne viene in mente nemmeno mezza, quindi mi limiterò a dire che se non piace a me non è detto che a voi non possa piacere, perciò compratevi una bella raccolta di poesie futuriste e fatemi sapere.

Se proprio vogliamo trovare un lato positivo a questa corrente che si è occupata anche di architettura, pittura e addirittura gastronomia, consideriamo che partendo da essa che si è giunti al Futurismo russo e a Majakovskij. 
Un po’ come quando stiamo aspettando che inizi il film su Italia 1 e nel frattempo dobbiamo sorbirci Enrico Papi. So che potete capirmi.


Quindi la prossima volta che state per gettare la lista dopo aver fatto la spesa, pensateci due volte: potrebbe essere un capolavoro.

E ora, se permettete, ritorno in soggiorno: mi stanno aspettando i volontari di Greenpeace.